Numeri, nomi e storie della “Rifiuti Spa” in Toscana
Le rotte illegali dei rifiuti pericolosi diretti in Campania, tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi dei Novanta, partivano anche dai grandi comprensori industriali della Toscana.
Centinaia di tir carichi di rifiuti di ogni genere provenienti da aziende toscane: da Viareggio, Pistoia, Lucca, Pisa, Arezzo, hanno percorso l’autostrada del Sole per concludere il loro viaggio nella Terra dei Fuochi, nelle martoriate province di Napoli e Caserta.
Dal 2002 ad oggi, le indagini per traffico organizzato di rifiuti (ex art. 260 D.Lgs 152/2006 – ad oggi, ancora, l’unico delitto ambientale con rilevanza penale) – che hanno coinvolto aziende toscane sono 45, il 20,5% sul totale delle inchieste concluse per lo stesso delitto su tutto il territorio nazionale. 45 indagini che hanno portato a 92 ordinanze di custodia cautelare e alla denuncia di 388 persone, con il coinvolgimento di ben 40 aziende e società toscane; 7 le procure che hanno indagato: Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa Carrara, Siena, Pisa.
Solo negli ultimi due anni, nel ciclo dei rifiuti in Toscana sono stati accertati ben 582 reati, con 778 persone denunciate, 8 persone arrestate e 218 sequestri effettuati. Firenze è la provincia con il maggior numero di infrazioni accertate (163) seguita da Livorno (97) e Siena (84).
Numeri, nomi e storie della Rifiuti Spa in Toscana sono stati presentati oggi nel corso di una conferenza stampa organizzata da Legambiente che ha presentato il dossier Le rotte toscane verso la terra dei fuochi, che ha visto la partecipazione di Rossella Muroni, Direttrice generale di Legambiente, di Don Andrea Bigalli, Coordinatore regionale di Libera, di Fausto Ferruzza, Presidente di Legambiente Toscana e di Claudia Ferri, della FIOM Cgil Toscana, con la partecipazione straordinaria di Piero Pelù.
“La Rifiuti S.p.A. – ha dichiarato il presidente di Legambiente Toscana Fausto Ferruzza – si è trasformata nel tempo in un’impresa globale, che ha interessi in tutto il Paese. Sappiamo ormai con certezza che con i rifiuti c’è chi si è arricchito in modo clamoroso a totale discapito della legalità e in spregio dell’ambiente e della salute dei cittadini. In alcuni casi, addirittura, i rifiuti da smaltire partono dalla Campania per finire proprio in Toscana, che sembra avere un ruolo rilevante nella geografia dei traffici illeciti, anche per lo stoccaggio e il conferimento finale”.
Curiosi i nomi dati dagli investigatori alle inchieste che hanno coinvolto la Toscana: Greenland, Murgia Violata, Re Mida, Poddock, Houdinì, Mosca, Alta Murgia, Sabina, Agricoltura biologica, Poseidon, Camaleonte, Giro d’Italia: ultima tappa Viterbo, Pesciolino d’oro, Lucca, Cagliostro, Sinba (Siti di interessa nazionale bonifiche attivate), Ultimo atto – Carosello, Rubble Master, Mare Chiaro, Creosoto, Olio contaminato, Longa Manus, Girotondo, Pseudo-Compost, Grande Muraglia, Castelfranco di Sotto, Iron, Terra Bruciata, Quattro mani, Black Hole, Golden Rubbish, Dirty Energy, Eurot, Gold Plastic, Transformer. Di queste 45 inchieste, 13 sono state coordinate da procure toscane.
Solo nell’ultima Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia (DNA) si registrano ben 15 inchieste in corso per traffico organizzato di rifiuti.
La tragedia de La Terra dei fuochi non può dunque essere una questione meramente campana. Il disastro si è compiuto grazie ad amministrazioni locali nel migliore dei casi inadempienti, a funzionari pubblici ed industrie compiacenti, sotto la regia di massoni e colletti bianchi della criminalità organizzata in campo ambientale. I nomi delle ditte, la tipologia dei rifiuti, i quantitativi e le discariche utilizzate sono descritte nelle dichiarazioni di vari pentiti di camorra che negli ultimi decenni hanno raccontato la storia criminale della Rifiuti Spa. E non sono solo le dichiarazioni descretate del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone. Ci sono anche quelle di un altro pentito: Gaetano Vassallo. Un pentito d’eccellenza, le cui dichiarazioni sono state attentamente vagliate e considerate in un rapporto dettagliatissimo del geologo Balestri, oggi pubblico. L’inchiesta, condotta dalla Procura di Napoli, ha portato all’attuale processo a carico di 38 imputati, che si sta svolgendo dinanzi alla V sezione della Corte d’Assise di Napoli e il rapporto è entrato nelle carte processuali, divenendo così tracciabile. Le ipotesi del processo vanno dal disastro ambientale all’avvelenamento della falda. Accuse gravissime, per le quali (ed è la prima volta che accade in Italia) un processo per reati ambientali viene giudicato in Assise, con tanto di giuria popolare. Nel rapporto sono elencate le ditte colpevoli di aver sversato i loro rifiuti nella Terra dei Fuochi. Rotte illegali della monnezza, che univano gli stabilimenti della Provincia di Massa-Carrara, del Comprensorio del Cuoio, del pistoiese fino alla lontana Terra dei Fuochi. I viaggi delle sostanze inquinanti con destinazione finale in Campania avevano quindi origine anche a Pisa, Prato e Arezzo. Dalla fine degli anni 80 un sistema imprenditoriale mafioso che ha visto coinvolte molte aziende provenienti da ogni parte della Toscana come emergeva già dal dossier di Legambiente del 1995, dal titolo “Rifiuti Spa”, dove già si denunciava il traffico illecito di tonnellate di rifiuti industriali prodotti in Toscana e smaltiti nel periodo dal 1990 al 1993 in discariche campane e calabresi: secondo un inchiesta della Procura presso la Pretura di Lucca, su indagine della Digos di Lucca, attraverso società con sedi in Toscana sono stati esportati prevalentemente verso Campania e Puglia rifiuti industriali, fanghi di conceria come quelli del polo di S. Croce sull’Arno. Complessivamente, secondo la Magistratura, si tratta di circa 140mila tonnellate di rifiuti urbani ed industriali. Dalla sola provincia di Lucca, alla media di 28 tonnellate a tir, sono partiti circa 5000 tir concentrati in due anni, dal gennaio 1990 al dicembre 1992. In quelle pagine, venivano nominati coloro che negli anni successivi saranno protagonisti degli affari tossici della Rifiuti Spa sulla tratta Toscana-Campania: viene dalla Campania il nome di Gaetano Cerci, che ha un ruolo di primo piano nell’intermediazione per lo smaltimento in Campania dei rifiuti toscani; vi sono poi i due fratelli Roma, Elio e Generoso, titolari di società che operano in Toscana. Nomi che ritornano anche nelle dichiarazioni del pentito di camorra Carmine Schiavone, nella seduta della Commissione parlamentare d`inchiesta sul ciclo dei rifiuti del 7 ottobre 1997, recentemente oggetto di desecretazione (1° novembre 2013).
“Ricostruire le rotte dei traffici, approfondire l’esame di quanto è già stato accertato dalla Magistratura e dalle forze dell’ordine – ha concluso il direttore generale di Legambiente Rossella Muroni – vuole essere un contributo di verità e giustizia nei confronti dei cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio e affermare i principi di legalità e trasparenza. Per questo chiediamo che sia pubblicata l’attività di censimento geo/referenziato dei siti contaminati e avviata una sistematica e puntuale attività di campionamento ed analisi dei prodotti ortofrutticoli ed alimentari delle aree coinvolte”.
Ma non solo. Tra le proposte di Legambiente per riscattare la Terra dei fuochi, l’associazione chiede:
1) D’introdurre nel Codice Penale gli altri delitti contro l’ambiente, così da consentire alle forze dell’ordine e alla Magistratura di prevenire e reprimere in maniera più efficace i fenomeni d’illegalità e criminalità ambientale.
2) Una maggiore assunzione di responsabilità da parte del mondo imprenditoriale e delle associazioni di categoria. In particolare, proponiamo che le aziende che sono state negli anni vittime di truffa da parte dell’ecomafia – e che non erano a conoscenza dei traffici illeciti – denuncino i broker dell’epoca, costituendosi parte civile nei processi laddove possibile, e contribuendo attivamente alle bonifiche dei territori inquinati nella Terra dei Fuochi.
3) Per far fronte alla mancanza delle risorse economiche adeguate alla bonifica dei cosiddetti “siti orfani” (cioè le discariche abusive di cui non si conoscono i responsabili) andrebbero modificate le modalità di finanziamento degli interventi; in questo senso si potrebbe rivelare utile una legge nazionale per la costituzione di un Superfund, analogamente a quanto istituito negli Usa nel 1980, e come proposto, tra l’altro, in diverse occasioni anche dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti nelle passate legislature della nostra Repubblica. In attesa dell’approvazione della norma nazionale, il fondo per i siti orfani potrebbe essere attivato da subito, vincolando una parte delle entrate dell’ecotassa regionale che viene pagata dal 1995 per lo smaltimento dei rifiuti in discarica, il cui gettito oggi viene speso in modo estremamente eterogeneo dalle amministrazioni regionali su tutto il territorio nazionale.
4) Rafforzare, anche in Toscana, l’attività di controllo e presidio del territorio, a partire dal mantenimento del Sistema Agenziale di protezione per l’ambiente.
5) Destinare maggiori risorse e strumenti alle forze dell’ordine.
6) Avviare in Toscana, come nelle altre regioni, un Piano di monitoraggio dei siti di smaltimento illegale di rifiuti, come necessaria premessa per un serio programma di bonifica.
7) Tutelare e promuovere le produzioni di qualità, a cominciare da quelle biologiche, salubri e certificate, che provengono dalla Campania e dalle altre aree oggetto di disastro ambientale.
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Katia Rosanna Rossi – Ufficio stampa Legambiente Toscana – 055.6810330 /347.3646589